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OGGI SENZA ZUCCHERO


Essere un libero professionista è, sotto parecchi punti di vista, straordinario.

Ma, come tutto, ha anche lati negativi. E se è la libertà, a presentare il conto, può essere piuttosto salato. Un freelance è solo, e i risultati del suo lavoro parlano di e per lui. Non può avere cedimenti perché il minimo errore, senza una “rete di protezione”, può essere letale. Non può perdere l’entusiasmo per ciò che fa e, anche se è il mestiere più bello del mondo, è difficile - per un cinico pessimista con la sindrome dell’impostore diciamo pure impossibile - non incappare in momenti bui. Ma tu, freelance, ultimo gradino della catena alimentare del business, non puoi mollare: devi tirare la carretta, possibilmente sorridendo.

Poi? Poi c’è l’incertezza: di non farcela, di non avere abbastanza lavoro o di averne troppo oggi e poco domani, dei pagamenti in ritardo, di dare il giusto valore a ciò che fai.

E l’impossibilità di prendertela con qualcun altro. Se non è andata… è solo colpa tua. Non puoi nemmeno incazzarti con il capo… non c’è (e di solito è bellissimo eh). Un freelance deve essere autorevole, brillante, competente, informato, accogliente, propositivo e molto molto calmo. Sempre. Anche quando ha a che fare con persone poco preparate, poco motivate, un posto fisso (e magari uno stipendio stellare) che non hanno nessuna abilità specifica tranne quella di mettere una firma sul preventivo. Sono loro il nemico? Io non credo. Non il mio, quanto meno. Forse solo un avversario, in una partita in cui io gioco con i polsi legati, un arbitro venduto e uno zaino pieno di sassi sulle spalle.

Il punto è che un libero professionista deve dimostrare ogni volta di essere più bravo (ma senza farlo pesare), in un mondo in cui il merito ha lo stesso valore di un traveler's cheque.

Difficile da incassare.



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